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ANNA e MARIO DEL BIANCO

Mario Del Bianco HP -Montecassiano - Italia

  PERCHÉ TI AMO, MARIA!

(Pourquoi je t'aime, Marie!)

 

Poesia composta da S.TERESA di GESÙ BAMBINO nel maggio 1897: composizione spontanea.


"Ho ancora qualcosa da fare prima di morire", confida Teresa, "già molto malata" alla sorella Céline: "Ho sempre sognato di esprimere in un canto alla Santa Vergine quello che penso di lei" (PA, Roma, 268) in questo maggio, ella comincia a presentire la probabile diffusione dei suoi scritti, poesie comprese. E considera i suoi "pensieri" su Maria come parte integrante "dell'importante lavoro" che si prepara (CJ 1.8.2). Forse ne sono il coronamento.

La richiesta che suor Maria del Sacro Cuore le rivolge nel medesimo senso (DE, pp. 649 e 439) va dunque incontro ad un desiderio personale molto vivo. Suor Genoveffa ha ragione di notare che Teresa ha composto il canto del cigno "da se sola in tutta la forza del termine" (foglietto volante, torno Il ed. francese).

Per Teresa, pensieri non è sinonimo di idee (usato spesso nel senso di progetti, piani). I pensieri. sbocciano nel suo cuore, dice poeticamente, giocando sulle parole (LT 260). Di fatto essi sono immersi nella preghiera e diventano presto orazioni (Ms A, 33). E prima di tutto è proprio nella preghiera che bisogna accogliere la lunga lirica, una specie d'inno liturgico di 200 alessandrini, composto durante il maggio 1897.

Teresa, più di sempre, non può "nutrirsi che della verità" (CJ 5.8.4). Bisogna che "veda le cose come sono" (CJ 21.7.4).

Ciò che la interessa unicamente nella Vergine è "la sua vita reale, non quella supposta" (CJ 21.8.3). 5i rivolge d'istinto al Vangelo, ormai l'unica sua fonte d'ispirazione: "Questo libro mi basta" (CJ 15.5.3). Ella stessa ci informa sul suo "metodo": "Il Vangelo m'insegna... il mio cuore mi rivela" (str. 15).

Ai Vangeli chiede i fatti, gli eventi: "Ciò che Maria ha fatto ed insegnato", si direbbe trasponendo gli Atti degli Apostoli (1, 1). Teresa con attenzione "vede, guarda, intende, ascolta" ciò che riferisce l'evangelista (tutti verbi al presente, perché lei è veramente là). Conseguentemente, omette "i misteri gloriosi": Gesù stesso si riserva d'esserne il cantore in cielo (str. 24).

Il cuore di Teresa le fa "comprendere" (verbo tutto teresiano), per connaturalità, il senso nascosto dei fatti, la loro portata per la sua vita d'oggi e presto per la sua stessa eternità. L'intelligenza del cuore è in lei affinata durante questi ultimi mesi in mille modi ma soprattutto in due campi: mistero della sofferenza, sotto il laminatoio della prova; estensione delle esigenze della carità in favore di luci vive: il tutto avvolto nel silenzio. La sua esperienza personale l'aiuta a scoprire nella vita di Maria la stessa legge che regge la vita del Figlio: è stato necessario che ella soffrisse per entrare nella gloria. Così ha voluto Gesù per sua Madre, perché misteriosamente "è un bene soffrire sulla terra" (16, 3). E Maria non si è accontentata di subire la sua condizione "mortale e sofferente" simile alla nostra (2, 8). Se Teresa non l'afferma esplicitamente, tutto il testo sottintende che Maria ha scelto liberamente questa condizione, per solidarietà con noi. Con tutta la sua vita ella ha affermato, e incomparabilmente meglio di quel che farà un giorno Teresa: "Mio Dio, io scelgo tutto ciò che vuoi... non ho paura di soffrire per te" (Ms A, 10v); e ancora: "Amo ciò che Egli fa" (CJ 27.5.4). Maria ha preferito ad ogni altra la sua vita nascosta, povera, sofferente. A Nazareth "non vuole niente di più", che "vivere di fede come noi" (CJ 21.8.3) senza nulla di prodigioso.

"Le piace" camminare per quella "via comune" per la quale camminano "i piccoli". Quando Gesù sembra trascurarla per la "famiglia" dei discepoli, lei "non si rattrista", e anzi "ne gioisce". Tutto questo Maria lo vive per noi: "per attirarmi a te", afferma arditamente Teresa.

Sì, "la Santa Vergine... sa che cos'è soffrire" (CJ 20.8.11). Lei è la replica, nel suo ruolo materno, del Servo sofferente .Teresa possiede il segreto di "soffrire amando" (16, 4), perché anche la sua "immensa tenerezza", è una replica dell'immensità d'amore di Gesù per noi. Non è tanto una questione di misura quanto di qualità: Maria "ci ama come Gesù ci ama". Qui la seconda legge fondamentale della lirica. Teresa l'enuncia con tanta maggiore autorità in quanto lei stessa è ancora sotto l'irraggiamento d'una recente illuminazione:

"Quest'anno... il buon Dio m'ha fatto la grazia di comprendere che cos'è la carità... amare il prossimo come Lui, Gesù, l'ha amato... " (Ms C, 11~ 12v). Questa luce intensa non solo ha rinnovato i suoi rapporti fraterni, ma le permette di "penetrare le misteriose profondità della carità" (Ms C, 18v) che animano tutta la vita di Maria, "i segreti del suo cuore materno" (22, 6); gli "abissi d'amore" (18, 4) che la condurranno "come Gesù" a "dare tutto e a darsi tutta" (22, 3). Così si vede la Madre condividere il suo "tesoro" di grazia con i figli: "le sue virtù, il suo amore"; condividere con i "peccatori" il privilegio per eccellenza di Madre di Gesù (str. 20-21). E più ancora: lei "consente" a perderlo in nostro favore, ad "allontanarsi da Lui" (eppure, che martirio già quei tre giorni a Gerusalemme, quando il Bambino s'era allontanato da lei!). E "vuole... restare nostro sostegno" fino a che non la raggiungiamo in Cielo. Non le era possibile andare più lontano nello spogliamento per amore. Di Maria possiamo anche dire: "da ricca che era, s'è fatta povera per arricchirci con la sua povertà" (2 Cor 8, 9). Donde la protesta commossa di Teresa:

e come non amarti, o Cara Madre mia
nel veder tanto amore e un'umiltà si grande?

Umile amore che s'ammanta di silenzio ed invita al silenzio, un altro asse centrale del canto. In Maria l'amore è più sicuro della conoscenza: lei non ha paura di quello che non comprende. Che si tratti del suo atteggiamento nei confronti di Giuseppe dopo l'Annunciazione (str. 8), dell'accoglienza docile delle "parole nascoste" del Figlio al Tempio (14-15), del suo comportamento a Betlemme (9-10) o "sulla collina" (20-21), in ogni situazione Maria acconsente in silenzio perché nella sua fede, così spesso messa alla prova, lei indovina e comprende tutto (dice Teresa). E in un "profondo silenzio" s'immerge la sua estrema esistenza terrestre (str. 24); silenzio che parla più della parola e di cui il "Verbo" soltanto ci svelerà i "segreti". Teresa, con lo sguardo fisso su Maria, ha fatto del silenzio il grande baluardo di tutta la sua vita contemplativa, ed è più che mai la sua forza "nella notte della fede". E l'assenza quasi totale di allusioni alla prova fisica e morale del momento non è l'aspetto meno commovente della poesia (cf. Derniers Entretiens, maggio 1897). La sola testimonianza a proposito è quella della strofa 16, più intensa e personale sotto una forma semplice.

Teresa sarebbe giunta a tali profondità nel guardare il cuore di sua Madre se lei stessa non fosse stata "talmente sua figlia", in un grado di rassomiglianza che la farà qualificare come " affascinante miniatura della SS. Vergine". "Affascinante e dolorosa" perché "nell'angoscia del cuore" lei porta a termine il "tutto dare e tutto darsi" per "i suoi fratelli... i poveri peccatori" (Ms C, 6r).

"Madre" e "figlia" son davvero della stessa razza, dello stesso sangue. Questa certezza è d'estrema importanza non soltanto per la vita quotidiana di Teresa, ma per le relazioni celesti che saranno presto inaugurate per lei. Il bulino della prova ha asportato "tutto ciò che si sarebbe potuto trovare di soddisfazione naturale nel desiderio che lei aveva del Cielo" (Ms C, 7v), ma non è riuscito a incrinare la certezza di andarci presto (str. 25, 2). L'aspettativa delle meraviglie del paradiso non le fanno più sussultare il cuore (LT 254, DE, p. 721). Ormai tutta la sua attenzione è rivolta alle persone: quelle che sta per incontrare (Famiglia divina, Angeli, Beati), quelle che si affretterà ad aiutare e salvare tornando sulla terra sino alla fine del mondo (CJ 17.7). Che ne sarà del suo incontro con Maria? Teresa lascia definitivamente agli autori spirituali le gonfiature e l'immagine inaccettabile d'un essere " il cui splendore di gloria e di potenza scintilla al di sopra di quello di tutti gli angeli e beati, e che è come il sole che eclissa tutti gli astri del cielo con la sua presenza, come se si nascondessero per vergogna, non osassero pararsi dinanzi a una bellezza che supera la loro, senza paragone". Teresa sa come comportarsi. Lei ha sofferto con Maria, come Maria ha sofferto per lei (25, 6 e 2, 4). Un tale amore "scaccia qualsiasi timore" (18, 5), e lei va finalmente a ritrovare "il sorriso affascinante della Santa Vergine" (Ms A> 30r), "più Madre che Regina" (CJ 21.8.3). Teresa "ci mette tutto il cuore" nella sua ultima lirica (CSG, p. 90), che risente il suffragio della maggioranza dei lettori o almeno dei discepoli. Certo, in questo lungo testo "storico", talvolta troppo previsto e un po' ricercato, siamo in un genere poetico ben diverso da quello di Una rosa sfogliata o del cantico Al Sacro Cuore. Gli alessandrini regolari, fermi, quasi sempre tagliati in due emistichi uguali, traducono adeguatamente "l'oggettività" apparente alla quale si costringe l'autrice. Una emozione dominata percorre tuttavia l'intera composizione che ha grandi momenti (str. 8> 16, 22...); belle immagini la arricchiscono (3, 7-8; 7, 5-6...); vi zampillano formule lapidarie (10, 4; 16, 4 che è come il Credo di Teresa; e il celebre 22, 3); una strofa meravigliosa la conclude.

La "piccola Teresa" la firma con mano cascante poco prima della morte: umile sconvolgente punto fermo di tutta l'opera poetica.


"Perché ti amo, Maria!"
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Da "PERCHÉ TI AMO, MARIA!"

PERCHÉ TI AMO, MARIA!
(S. Teresa di G.b.)
 
Ad. Testo e Musica di
MARIO DEL BIANCO
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