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ANNA e MARIO DEL BIANCO |
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IL PASTORE
Breve BIOGRAFIA di P. MATTEO RICCI
Dopo i primi insegnamenti nella propria famiglia, soprattutto a
cura della virtuosa madre, il piccolo Matteo cominciò a frequentare le scuole
nel Collegio dei Gesuiti della città natale. A sedici anni venne inviato dal
padre a Roma per studiarvi Giurisprudenza. A Roma, Matteo avvertì più
insistente la chiamata del Signore. Entrò così il 15 agosto del 1571 nel
noviziato della Compagnia di Gesù, presso la Chiesa di S. Andrea al Quirinale.
Il padre si mise subito in viaggio per Roma per farlo desistere, ma a Tolentino
dopo breve tratto fu colpito da una febbre altissima che gli impedì di
proseguire il viaggio. Interpretò tale fatto come un segno divino e fece sapere
al figlio di conformarsi alla volontà di Dio. Dopo un breve periodo trascorso a
Firenze, Matteo rientrò a Roma per continuare gli studi nel Collegio Romano,
dove per 5 anni si applicò allo studio della retorica, della filosofia, della
fisica, della matematica, dell'astronomia e della cosmografia, sotto la guida
di insigni professori, fra i quali Cristoforo Clavio, riformatore tra l'altro
del Calendario Gregoriano.
cominciò a studiare il cinese e a formulare i primi passi per
l'evangelizzazione della Cina. Il P. Ruggeri, confratello di P. Matteo, aveva
già fatto tre tentativi infruttuosi per penetrare in Cina. Questa volta il
tentativo dei due Padri ebbe successo. Il 10 settembre 1583 essi misero
finalmente piede a Sciaochin, dove edificarono una piccola dimora in stile europeo,
con una modesta chiesetta. I Padri suscitarono grande curiosità, non solo per
la diversità del loro aspetto, ma soprattutto per la straordinaria integrità
morale e l'osservanza scrupolosa del complicato cerimoniale cinese. Ricevevano
ospiti e illustravano ad essi gli oggetti che avevano portato dall'Occidente:
orologi di vaio tipo, stampe ad olio, mappamondi, libri, strumenti musicali e i
prismi di Venezia. Lo stesso P. Ricci disse che quello era il tempo di parlare
più con le opere che con le parole. Le prime conversioni avvennero verso la
fine del 1583. Il Vice Re di Sciaochin nel 1589, invaghito della casa europea
dei Padri, nel 1589 ordinò ad essi di lasciare la città. I padri, addolorati si
prepararono a lasciare la Cina, ma l'ordine era solo quello di recarsi in
un'altra città. Così P. Matteo approfittò di questa occasione sfavorevole per
spingersi ancor più internamente nella Cina e si stabilì nella città di
Sciaoceu, città molto più grande di Sciaochin e situata più a nord, il 26
agosto 1589. Qui P. Matteo costruì una nuova dimora e nuova chiesa questa volta
in stile cinese. Anche a Sciaoceu i Padri divennero centro di attrazione per
letterati e mandarini, nei quali P. Matteo vedeva i futuri diffusori della Fede
Cristiana. Perciò bisognava giungere a Pechino e all'Imperatore. Per realizzare
questo sogno era necessario adattarsi agli usi e costumi locali, disfarsi del
nome, dell'abito di bonzo, che suscitava tanti sospetti nei cinesi. In un primo
momento, per far capire che era un uomo di religione, P. Matteo si vestì come i
monaci buddisti, ma si rese subito conto che questi vivevano ai margini della
società e non influivano molto nel tessuto sociale dell'ambiente cinese. Un
importante mandarino di Sciaoceu dovendo recarsi a Pechino per una riunione del
Consiglio di guerra, invitò P. Matteo ad accompagnarlo per curare suo figlio
intellettivamente menomato. P. Matteo accettò con gioia e, abbandonati gli
abiti monacensi, indossò le solenni
vesti di "letterato", si fece crescere la barba e partì. Il viaggio
fu assai avventuroso e P. Matteo si salvò da un naufragio per miracolo.
Scendendo il Fiume Azzurro il 31 maggio 1595 giunsero a Nanchino, ma a causa
della guerra tra Cina e Giappone e per non compromettere definitivamente con
una espulsione per spionaggio la sua missione in Cina, non proseguì il viaggio
per Pechino, lasciò Nanchino e stabilì a Nanciam la sua terza residenza il 28
giugno 1595. Anche qui la sua fama di uomo molto strano si diffuse rapidamente.
Fu ricevuto più volte dal Vice Re, strinse amicizia con i magistrati della
città e fu accolto con ammirazione in una Accademia di letterati dove si
discuteva di filosofia e di morale. Entrò in relazione con numerosi nobili, tra
i quali Loan e Kienan, che si rivelarono molto utili per la sua missione.
