ANNA e MARIO DEL BIANCO |
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II salmo 26 è composto da due preghiere scaturite da due diversi stati d'animo. La
prima è un meraviglioso canto di fiducia, che si leva in un'atmosfera di gioia
festante e di luce soprannaturale. Dio è la luce e la fortezza nella quale il
salmista si rifugia, nell'assoluta certezza di poter trovare protezione e aiuto
contro qualsiasi nemico e nelle lotte che insorgono contro di lui (1-3). Una cosa sola egli domanda e
ricerca: abitare nella casa del Signore ogni giorno della sua vita, per gustare
la dolcezza dell’unione con Dio e restare nel raccoglimento della preghiera.
Dal tempio, infatti, il Signore esercita la sua protezione sui suoi fedeli e
dona forza contro i nemici e, nel tempio, il salmista trova sicurezza e potrà
offrire al Signore sacrifici di esultanza inneggiando al suo nome (4-6). La seconda preghiera del
salmo è una supplica e un lamento di un uomo sospinto dalle necessità e dalle
passioni dei nemici a cercare il volto del Signore nel suo tempio. Egli prega Iddio a non
scacciarlo e a non abbandonarlo come l'hanno abbandonato i suoi genitori
(7-10), ma a guidarlo sul giusto sentiero e difenderlo dai suoi violenti
avversar!. La supplica termina con un'esaltazione della fede,
che aiutò il salmista a superare momenti assai difficili, e con un incoraggiamento
che egli rivolge a se stesso a sperare nel Signore (11-14). La speranza e la fiducia
illimitata in Dio sono il tema delle due preghiere del salmo; esse dovevano
pure costituire l'anima della storia d'Israele tutta rivolta a Dio, che in essa
si era stabilito come rocca di salvezza, e tutta protesa nell'aspettativa del
Messia venturo. S. Agostino dice che nel salmo 26 risuona la voce della nostra miseria,
il gemito della nostra sofferenza. Come capo di un'umanità che
ha tratto dalle tenebre alla luce, dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla
vita, il Cristo domanda anche per noi ciò che a lui sempre è stato concesso:
abitare nella casa del Padre e gustarne le dolcezze. Fin d'ora, egli ci dà la
possibilità di restare uniti al Padre e a lui nella Chiesa; in essa, egli ci
difende dal male e ci protegge contro i più temibili nemici, dando anche a noi
la gioia di rialzare su di essi il nostro capo, come egli fece nella sua
risurrezione. La tradizione dei primi
secoli ha fatto recitare la preghiera del salmo 26 ai neo-battezzati vedendo
in essa il compimento di una profezia di Isaia, in cui il Signore annuncia
che i suoi servitori mangeranno, berranno e gioiranno. Chi riceve il battesimo può
dire con verità: « II Signore è mia luce e mia salvezza, è difesa della mia
vita» (1), in Cristo egli può cantare vittoria sui suoi nemici spirituali
(2-3). Il battesimo realizza il desiderio espresso nel salmo: il battezzato
diventa «concittadino dei santi e familiare di Dio» (Ef 2,19). Egli
abita nella Chiesa e può offrire con Cristo e tutti i credenti il sacrificio di
lode e di esultanza nella celebrazione eucaristica, in cui vengono
ripresentati la vittoria e il trionfo della morte di Cristo (6). Colui che
viene al battesimo, risponde alla divina chiamata della fede che gli suggerisce
di cercare il volto del Signore (8), e può contare sulla bontà di Dio, che è
assai più grande di quella che nutrono i genitori per i loro figli. Può,
infine, sperare di contemplare un giorno, nella terra dei vivi, il volto e la
bontà di Dio, che, al lume della fede, ricerca quaggiù nell'ombra e
nell'oscurità di questo mondo (13). La Chiesa, confortata e
incoraggiata dalla preghiera di Gesù, si rivolge direttamente a lui con il
salmo 26. Cristo
è la sua luce e la sua salvezza, egli è la fortezza della sua vita; il suo
cuore non ha nulla da temere di fronte agli assalti dei nemici. Durante il
tempo quaresimale, la Chiesa domanda pietà per i suoi figli penitenti e
alimenta in essi la speranza nella ricerca della luce e della grazia del
Signore. |
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